Dürrenmatt, la salsiccia e una croatina delle Colline novaresi

L’idea per questo primo post per la pagina “Calice & Coltello” è nata in maniera casuale, come spesso mi accade in cucina. Un’associazione di idee venuta chissà da quale angolo recondito del cervello e una bottiglia di “Borgoalto” della cantina Monsecco, un Colline novaresi Doc Croatina regalatami qualche settimana fa da mio padre. La croatina, un vitigno che conosco poco, solitamente utilizzato per ingentilire la barbera, ma sempre più spesso vinificato in purezza.
Ho bevuto un paio di volte una buona croatina dei Colli Tortonesi di Claudio Mariotto (su cui vedi questo bel post di Stralci di vite), ma di croatina del novarese non avevo ricordo. Certo, i vini del nord del Piemonte solitamente mi esaltano; adoro gattinara e ghemme, ma siamo chiaramente su altri livelli rispetto alla croatina. Un vino fortemente legato al territorio, di quelli che per lungo tempo furono destinati al solo consumo famigliare e che si sposano bene con una cucina rustica (per le informazioni essenziali sui vini delle colline moreniche del novarese e sulla doc Colline novaresi leggi su WineReport).
Cosa mangiarci quindi insieme?
Non avevo grandi idee, anche perché le indicazioni che raccoglievo sui possibili abbinamenti erano troppo generiche: un vino a tutto pasto, dalle minestre ai secondi piatti di carne, dai formaggi di media stagionatura ai salumi.

Durrenmatt - RaccontiPoi non so bene come avvenne, ma proprio in quei giorni mi tornò in mente un racconto che avevo letto qualche anno prima, ma di cui facevo fatica a ricordare l’autore. Si intitolava “La salsiccia”, ne ero quasi certo, e ricordavo grosso modo che parlava di un tizio che dopo aver ucciso la moglie e averne fatto delle salsicce, una volta scoperto, viene arrestato e portato davanti al giudice insieme con l’ultimo esemplare di “insaccati” ricavati dalla moglie. Ok, non storcete il naso, l’autore – che ho poi scoperto senza difficoltà essere Friedrich Dürrenmatt – non entra nei particolari e l’intera scena, descritta con prosa secca e sintetica e con gusto teatrale dal drammaturgo svizzero (potete leggere l’intero racconto breve pubblicato da Feltrinelli qui), si svolge nell’aula di tribunale, dove infine l’uxoricida viene condannato e come ultimo desiderio prima dell’esecuzione chiede e ottiene di ingurgitare anche l’ultima salsiccia. Ecco l’incipit del racconto:

Un tale ammazzò la moglie e ne fece salsicce. Il fattaccio si riseppe. Il tale fu arrestato. Fu rinvenuta un’ultima salsiccia. L’indignazione fu grande. Il giudice supremo del paese avocò il caso a sé.
L’aula del tribunale è luminosa. Il sole irrompe dalle finestre. Le pareti sono specchi abbaglianti. La gente è una massa in ebollizione. L’aula ne è piena.

Sia chiaro, non ho il gusto dell’orrido, né amo gli episodi trucidi, ma ormai mi ero convinto: avevo voglia di salsiccia. Con i fagioli sarebbe stato certamente un connubio classico, ma forse anche banale. Un amico sommelier a quel punto mi consigliò di provare un abbinamento regionale con la paniscia, piatto tipico del novarese che più che la salsiccia richiede il salam d’la duja, ma io avevo voglia di un piatto in cui salsiccia e fagioli la facessero da padroni e alla fine optai per inserire la zucca, ingrediente che amo molto e che tra l’altro avevo da consumare.
Per prima cosa ho sbollentato la zucca tagliata a pezzi e l’ho fatta saltare in padella con poco burro, salvia, sale e pepe. Ho poi fatto stufare la salsiccia, anch’essa tagliata in pezzi 4-5 centimetri: l’ho coperta d’acqua e ho lasciato che si prosciugasse fino a vederla sfrigolare. Tolta la salsiccia, nella stessa pentola ho soffritto mezza cipolla tagliata finemente e ho fatto insaporire i fagioli precedentemente lessati. Quando i fagioli hanno cominciato a intenerirsi ho aggiunto la salsiccia e la zucca e ho lasciato cuocere per una mezz’ora allungando il tutto con del brodo vegetale (preparato con sedano, carota, cipolla, patata e salvia).

Il risultato? Un piatto bello corposo ovviamente, di quelli che ti risolvono da soli la cena. Non troppo dolciastro, come ci si aspetterebbe per via della zucca, né troppo grasso perché la salsiccia è stufata. Devo dire che l’abbinamento con la croatina mi ha convinto parecchio, nonostante avessi qualche perplessità dal momento che si trattava di una bottiglia del 2006. Infatti, anche su questo punto ho trovato informazioni contrastanti: alcuni sostengono che i Colline novaresi doc diano il meglio di sé nei primi due anni dall’imbottigliamento, altri precisano che la croatina, se vinificata in purezza, può sostenere anche un medio invecchiamento. In effetti aveva mantenuto una certa freschezza con un tannino moderato e sentori di frutti rossi abbastanza pronunciati.
La corposità del piatto si è dunque ben sposata con il sapore asciutto del vino che, devo dire, è risultato di facile beva.

4 Comments

  1. Non ho mai assaporato il vino di cui parli, ma quando lo farò, sicuramente lo abbinerò con il piatto che hai descritto!
    Molto curioso anche il racconto, che non mancherò di leggere… certo è che teoricamente ti sarebbe dovuta passare la voglia di mangiare salsiccia, vista la composizione di quelle del protagonista del racconto, o no? 🙂

  2. Quello che mi ha piacevolmente stupito è stata la morbidezza del tutto! Questo è un piatto particolarmente vellutato al palato e la zucca dolce si sposa a meraviglia con la sapidità di fagioli e salsiccia.
    Il vino… di quelli che piacciono a me!!! 😉

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