“Ma la libertà per consolidarla ci vogliono decenni”. Da un testo manoscritto di Bobbio (1955)

Bobbio resistenza-libertà-2-bwTra le carte dell’archivio di Norberto Bobbio (qui la pagina di accesso del sito del “Centro Gobetti” di Torino dove è custodito) mi sono imbattuto in un testo manoscritto, risalente a 60 anni fa, concepito nel giugno del 1955, a dieci anni dalla fine della Resistenza. Voglio condividerne una pagina che da una parte mi è parsa di un’attualità sconcertante (ad esempio nel passo in cui parla di “attese messianiche”, di “sbandieratori di facili miti” e di “amanti della confusione mentale”), dall’altra mi ha fatto sentire sollevato e speranzoso. Visti i tempi, non mi è sembrato poco.

…la nostra non sempre lieta situazione presente dipende da una ragione soltanto: che non abbiamo ancora appreso tutta intera la lezione della libertà. E siccome l’inizio di questo corso sulla libertà è stata la Resistenza, si dovrà concludere che i nostri malanni, se ve ne sono, non dipendono già dal fatto che la Resistenza sia fallita, ma dal fatto che non l’abbiamo ancora pienamente realizzata.
Dopo dieci anni cominciamo soltanto ora a comprendere di quali enormi difficoltà sia irta la vita di un regime libero. Abbiamo imparato che un regime di servitù, quand’è giunto al momento della sua esasperazione, si può strozzare in poco tempo, ma la libertà per consolidarla ci vogliono decenni. Per uccidere un malvagio, basta un tratto di corda. Ma per fare un uomo onesto, quante cure, quanti affanni, quanti sacrifici. E poi, qualche volta, nonostante la buona volontà, non ci si riesce neppure. Questa lezione, se l’abbiamo appresa, dovrebbe consigliarci un atteggiamento: quello della modestia di fronte ai compiti giganteschi che ci attendono, dell’abbandono di attese messianiche, della serietà dell’impegno nell’opera comune, della vigilanza operosa. Non c’è che un modo per realizzare la Resistenza: ed è quello di continuare a resistere. Di continuare a resistere, ogni giorno, agli allettamenti che ci vengono dagli sbandieratori di facili miti o dagli amanti della confusione mentale; alle passioni incontrollate che ci spingono ora a destra ora a sinistra a seconda degli umori e degli eventi; alla seduzione della pigrizia che ci getta in braccio allo sconforto e ci rende inattivi e indifferenti. Un regime di libertà non si crea coi miti, ma con la chiarezza mentale applicata ai problemi socialmente utili; non si crea neppure con le passioni scatenate, anche se sublimi, ma con la moderazione del giudizio, con il controllo di sé, con la disciplina mentale; e neppure con la indifferenza ma con la partecipazione attiva ai problemi del nostro tempo. Si dice che per smuovere gli inerti ci vuol entusiasmo, e per suscitare entusiasmi ci vogliono miti. Ma a me pare che non ci sia nulla di cui valga più la pena di entusiasmarsi che la costruzione di una convivenza civile, in cui vi sia meno corruzione, meno furberia, meno spirito di sopraffazione, e maggior rispetto delle opinioni altrui insieme con maggiore riserbo nella espressione delle proprie.

[da un testo manoscritto di Norberto Bobbio intitolato Dopo la Resistenza, giugno 1955. In Archivio Norberto Bobbio, SB, faldone 17, fasc. 63 “Politica della cultura”.]

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