La “volpe” Benjamin Constant

Benjamin_ConstantMartedì scorso ho partecipato a una bella giornata di studi all’Università di Genova dal titolo Monismo e pluralismo nella storia del pensiero politico. Un argomento che non poteva non suscitare il mio interesse, considerato anche il titolo di questo blog: proprio per definire i due concetti di monismo e pluralismo Isaiah Berlin ha messo a punto la distinzione tra riccio e volpe (leggi qui per i dettagli).
Ho tenuto un intervento sull’autore che in questi ultimi anni più mi ha assorbito, Benjamin Constant. Questo il titolo che ho proposto: La volpe Constant e l’ideale della libertà tra politica, storia e letteratura. In pratica mi sono chiesto: Constant, in base alla classificazione di Berlin, sarebbe un riccio o una volpe?
«Ho difeso per quarant’anni lo stesso principio, libertà in tutto, nella religione, nella filosofia, nella letteratura, nell’industria, nella politica: e per libertà, intendo il trionfo dell’individualità, tanto sull’autorità che vorrebbe governare attraverso il dispotismo, quanto sulle masse che reclamano il diritto di asservire la minoranza alla maggioranza». Partendo da questa professione di fede – affidata da Constant alla prefazione dei Mélanges de littérature et de politique ho cercato di mostrare che, nonostante possa apparire un riccio in quanto guidato per tutta la vita da un unico principio ispiratore, quello della libertà, il pensatore liberale è in realtà a tutti gli effetti una volpe.
Ho concentrato la mia attenzione sul carattere poliedrico della sua opera, poiché dall’analisi delle differenti forme in cui la riflessione constantiana si è espressa (scritti di circostanza, articoli, trattati teorici, diari, romanzi) e dei differenti campi in cui si è esercitata (politica, storia, religione, letteratura), emerge a mio parere un’idea della libertà che trascende la dimensione prettamente politica a cui solitamente si pensa quando ci si approccia al suo pensiero.
Constant, superata la rigidità illuministica e influenzato dalle nascenti istanze romantiche, intende la libertà non solo come indipendenza dall’autorità e dal potere, ma anche come sentimento religioso, come capacità della persona di sviluppare e migliorare il proprio io interiore e come riconoscimento del pluralismo di valori. La libertà constantiana non ha nulla di astratto, non è né un mito né una rivelazione: nasce dall’esperienza storica e si configura come metodo di azione attraverso il quale individui diversi concorrono, grazie alle proprie idee, al progresso della specie umana.
Nel pensiero di Constant libertà, sentimento religioso e filosofia della storia si legano indissolubilmente nel creare una moralità, una condotta di vita che si concretizza al di fuori dei paradigmi dell’egoismo utilitarista e Constant non è certo fautore di una morale unica né di valori validi per tutti nel tempo e nello spazio.

La relazione completa è diventato un saggio (scaricalo qui) pubblicato nel volume collettaneo “Monisms and Pluralisms in the History of Political Thought”, ed. by A. Catanzaro and S. Lagi, Epoké, Novi Ligure, 2016, pp. 57-67.

 

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