Pavese, un inno all’estate, un inno alla vita

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Ogni 27 agosto ripenso a Pavese e alla sua tragica fine e questo avviene mio malgrado: anche volendo non potrei dimenticarmene essendo la data che segue il compleanno di Alessandra e precede il mio. Ma Pavese non può essere ridotto al suo suicidio, sebbene quell’ultimo biglietto lasciato sul comodino di una stanza dell’hotel Roma continui a mettermi i brividi ogni volta che ci penso.
In realtà ripenso a Pavese tutte le estati, non solo perché è questa la stagione in cui mi è quasi sempre capitato di leggerlo, non solo perché è in questa stagione che più di frequente mi ritrovo a girovagare per le Langhe, nei luoghi della sua infanzia (e delle mie scorribande giovanili) di cui ha magistralmente descritto l’atmosfera, ma anche perché l’intera opera pavesiana è a tutti gli effetti un inno all’estate. “La casa in collina”, “La luna e i falò” e soprattutto “La bella estate” (comprendente il racconto omonimo, ma anche i meravigliosi “Tra donne sole” e “Il diavolo sulle colline”) sono i libri che mi hanno fatto innamorare dell’immaginario e della poetica pavesiani.
In questi ultimi giorni, leggendo i racconti di “Feria d’agosto” (ancora estate, naturalmente) mi rendo conto che Pavese ha inesorabilmente segnato il modo stesso in cui io penso all’estate, il modo in cui la vivo. Forse anche per questo raramente mi allontano da Torino e dal Piemonte in estate: è quel continuo oscillare tra amore per la città e richiamo, quasi ancestrale, della campagna ad essermi entrato dentro.
Torino con la sua collina scura nelle calde notti estive e in basso una distesa sterminata di luci; le Langhe con le sue usanze popolari, il vino, i cieli stellati e la presenza del mare, che non si vede, ma basta andare avanti un po’ verso l’alta Langa, basta scollinare e ci si arriva. La malinconia, la libertà, il senso della vita che scorre inesorabile. Passare il tempo a inseguire i propri desideri, desiderare d’essere sempre da qualche altra parte rispetto a dove ci si trova, ma alla fine rendersi conto che ciò che si ama è semplicemente vivere. Vivere qui, ora. Questo è per me Pavese.

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