Voltagabbana e “banderuole” ai tempi della Rivoluzione francese: il “Dictionnaire des girouettes”

Uno degli aspetti interessanti dei momenti di crisi politico-istituzionale (ma direi dei momenti di crisi in generale) è la “creatività” linguistica, l’introduzione nell’ambito della comunicazione politica di termini provenienti da altri ambiti semantici. In questi giorni abbiamo sentito il Governo utilizzare di frequente il termine “costruttori” – in luogo di “responsabili”, un termine ormai parecchio squalificante, quasi al pari di “voltagabbana” – per indicare i dieci parlamentari che hanno abbandonato il proprio schieramento per formare un nuovo gruppo parlamentare a sostegno del governo Conte.
Il fenomeno del trasformismo o del “camaleontismo” – spesso erroneamente considerato una patologia soltanto italiana – è probabilmente vecchio quanto la politica stessa, sicuramente quanto il sistema rappresentativo, almeno nell’Europa continentale, e trova manifestazioni esemplari, tanto per cambiare, durante la Rivoluzione francese che, ricordiamolo, è effettivamente il momento storico in cui hanno origine le ideologie, le pratiche e il linguaggio politico che ancora oggi utilizziamo (basti pensare alla dicotomia destra/sinistra).


Nel 1815, all’indomani della Rivoluzione e dell’Impero napoleonico, fu pubblicato a Parigi un volume che fece parecchio discutere. Si intitolava Dictionnaire des girouettes. Cos’è la «girouette»? Quella che vedete in foto, il corrispettivo della nostra “banderuola”: una lamina metallica rigida, girevole intorno a un’asta verticale, situata alla sommità dei tetti come segnavento. Il termine, per la verità già attestato in ambito politico nel Cinque e Seicento, si affermò definitivamente proprio grazie a questo “Dizionario”. Quasi 500 pagine di brevissimi ritratti di uomini politici, intellettuali, scrittori, artisti e personalità varie vissute tra la Rivoluzione, il Consolato e l’Impero napoleonico tutti accomunati da una caratteristica: l’abilità di passare indenni, spesso ricoprendo ruoli chiave, da una fase politica all’altra, di appoggiare opportunisticamente non semplici governi, ma regimi politici di orientamento spesso agli antipodi. Le accuse di camaleontismo vengono supportate spesso e volentieri da documenti scritti dagli stessi protagonisti (articoli di giornale, passi di pamphlet o di discorsi tenuti in pubblico); ma la cosa interessante è che il libro (per lo meno nella seconda edizione a stampa) è costruito come una sorta di Guida Michelin: accanto a ciascun nome il numero di “girouette” indica il livello di “trasformismo” raggiunto da quel personaggio.


Fra i nomi con più banderuole, ben dodici, troviamo naturalmente Talleyrand: ecclesiastico negli anni pre-rivoluzionari, deputato del clero agli Stati generali del 1789, fautore della monarchia costituzionale nella prima fase della Rivoluzione, ambasciatore in Inghilterra della prima Repubblica francese, ministro degli Esteri sotto il Direttorio e poi ancora sotto il Consolato e l’Impero napoleonico, alla caduta di Bonaparte tornò ad appoggiare la monarchia borbonica ricoprendo lo stesso incarico agli Esteri (fu il vero “regista” del Congresso di Vienna), salvo poi divenire Primo Ministro dopo i Cento Giorni. Insomma, un uomo per tutte le stagioni, che Chateaubriand seppe inquadrare con la consueta causticità nella celebre frase delle sue Memorie d’oltretomba: «Quand Monsieur de Talleyrand ne conspire pas, il trafique» (“Quando il signor Talleyrand non cospira, traffica”). L’importanza del Dictionnaire e l’esemplarità del caso Talleyrand trovano riscontro ne Les travelleurs de la mer di Victor Hugo in cui un venditore d’armi paragona ironicamente la perfezione rotativa del tamburo di una rivoltella alla volubilità politica di questo ambiguo personaggio: «Le moulinet tourne comme Monsieur Talleyrand. On pourrait mettre ce moulinet-là dans le Dictionnaire des girouettes. C’est un bijou». Chiudo con uno spunto di lettura: sedici anni fa, lo storico Pierre Serna dedicò al tema delle girouettes politiche un bellissimo studio: La république des girouettes. 1789-1815 et au-delà. Une anomalie politique: la France de l’extrême centre (Paris, Champ Vallon, 2005).

Lascia un commento